Teresa Cabarrus, in realtà Giovanna Maria Ignazia Teresa Cabarrus (1773-1835), era la più bella donna di Parigi. Intelligente e colta, dopo aver divorziato dal marchese Devin De Fontenay cominciò a interessarsi alla politica, in un periodo in cui la cosa implicava il rischio di finire per ogni nonnulla sul patibolo. Erano tempi truci.
La Rivoluzione Francese, iniziata il 14 luglio 1789 con la presa della Bastiglia, stava dando il peggio di sé. Le idee nobili che l’avevano ispirata dovevano confrontarsi con i massacri pretesi dagli estremismi pubblici e dai regolamenti di conti privati, le onnipresenti coccarde tricolori a ornare indifferentemente cappelli e petti di patrioti e di assassini, spesso con la civetteria della fusciacca color “sangue di Foulon”, con riferimento al consigliere di Stato linciato sulla pubblica via. I prigionieri politici ammucchiati nelle carceri venivano massacrati con scuri e coltelli, e l’amica della regina, principessa di Lamballe, finì trascinata dalla propria cella sulla strada, denudata, più volte violentata, squarciata nelle parti intime e decapitata, e la sua testa venne agitata sopra la punta di una picca davanti alla finestra della prigione di Maria Antonietta, costretta dai carcerieri ad affacciarsi. Ogni strumento tornava buono per le stragi, in attesa che entrasse in funzione l’ordigno sinistro ed efficacissimo inventato dal dottor Guillotin, la ghigliottina, che a partire dal 25 ottobre 1792 avrebbe concluso migliaia di processi farsa. L’organo di governo rivoluzionario, la Convenzione, era in quel periodo controllato dai girondini, che si contrapponevano ai giacobini di Danton, Marat e Robespierre, e la bella Teresa ne sosteneva la politica, che nel tempo si era stemperata nella moderazione, ammesso che in quel contesto il termine moderazione avesse un significato. Nell’aprile 1793, però, la Convenzione venne di fatto esautorata dal “Comitato di salute pubblica” formato esclusivamente dai giacobini e, pochi giorni dopo l’esecuzione di Maria Antonietta (Luigi XVI era stato ghigliottinato a gennaio), 22 deputati girondini vennero messi a morte, dando inizio al periodo soprannominato “Terrore”, come se quello dei tre anni e mezzo precedenti fosse stato cosa da nulla. In un clima allucinato 500.000 francesi subirono l’arresto, con il risultato che 10.000 morirono di stenti nelle carceri, 12.000 finirono uccisi sommariamente e 30.000 conobbero la lama della ghigliottina. Un massacro nel quale si distinsero i vari Carrier a Nantes, Fouché a Lione, Barras in Provenza e Tallien a Bordeaux, quest’ultimo in deciso conflitto di opportunità politica almeno fra le lenzuola, in quanto amante della bella Teresa, che venne arrestata come sostenitrice dei girondini. Tallien si affrettò a farla rilasciare, ma di lì a poco, su ordine di Robespierre che già aveva epurato le proprie file eliminando Danton e i suoi seguaci, Teresa venne nuovamente imprigionata. Robespierre non poteva immaginare che quell’atto avrebbe concorso in modo determinante a mettere fine al suo potere e alla sua vita. Maximilien Robespierre (1758-1794), avvocato di origini borghesi soprannominato “l’Incorruttibile” -cosa non da poco nel marasma di intrallazzatori, Danton in primis, che infestavano le file della Rivoluzione- viveva in un delirio di onnipotenza che gli aveva addirittura fatto inventare, in armonia con le proprie esigenze di rigore, la religione dell’Ente Supremo con lo scopo di contrastare l’ateismo rivoluzionario. Mentre l’opinione pubblica ne rideva, le teste cadevano. Nella sola Parigi tra aprile e luglio 1794 il boia Sanson e i suoi colleghi ne fecero rotolare 2100, e questa sarebbe stata anche la sorte della testa di Teresa, se alla vigilia del processo lei non fosse riuscita a far arrivare a Tallien questo messaggio: “Muoio perché appartengo a un vile.” Tallien, innamoratissimo della donna, fece forza al proprio carattere irresoluto e passò all’azione. Il 9 Termidoro (26 luglio 1794), quando già Robespierre preparava un bagno di sangue a spese dei nuovi moderati soprannominati “Indulgenti”, questi, capeggiati da Tallien e da Barras, gli impedirono di parlare alla Convenzione. «Presidente degli assassini, ti domando la parola!» continuò a gridare l’Incorruttibile all’indirizzo di Collot che presiedeva l’assemblea, mentre i presenti rumoreggiavano e Tallien lo minacciava con un pugnale. Fu la fine. Il giorno successivo Robespierre, dopo essersi fracassato la mascella con un colpo di pistola in un tentativo di suicidio, salì al patibolo con 93 seguaci. Ebbe così fine il Terrore. A Parigi la gente si riversò nelle strade inneggiando a “Notre-Dame de Termidor”, cioè a lei, Teresa Cabarrus, riconosciuta non tanto come ispiratrice del complotto, ma sua causa scatenante. La bella Teresa diventerà moglie di Tallien, per poi divorziare e avere relazioni con Barras e con il finanziere Ouvrard, fino a sposare il principe Chimay, il tutto mettendo al mondo un totale di 13 figli. Intanto i francesi, che avevano scatenato una rivoluzione contro la monarchia decapitando un re e una regina, in linea con la loro irrefrenabile smania di grandeur si affidavano all’assolutismo di un arrivista corso proclamatosi imperatore, per farsi macellare in suo nome sui campi di battaglia di tutta Europa. Come dire che la Storia è pessima maestra, e che c’è sempre in agguato un Napoleone pronto a sfruttare le pecche dei suoi insegnamenti.