I peggiori nemici della Storia sono spesso coloro che dovrebbero divulgarla, cioè gli storici. Trasecoleremmo se solo potessimo renderci conto di quanto la realtà dei fatti sia da sempre stata alterata per motivi di mera bottega da chi avrebbe dovuto trasmetterceli, per non parlare dei personaggi, perenni ostaggi di simpatie, antipatie, convenienze, servilismi. Con l’aggravante che gli storici, quando non sono di parte, finiscono per diventarlo innamorandosi di ciò che scrivono e assumendolo come verità incontrovertibile. Come non bastasse, spesso ci si mette di mezzo la letteratura, e allora il già opinabile evento storico diventa invenzione fitta di personaggi realmente esistiti di cui si raccontano cose che non hanno mai fatto.
È il caso di Victor Hugo, che nel 1833 ha puntato il calamo della propria penna su Lucrezia Borgia, per farne una criminale avvelenatrice e corrotta, ispirando anche Gaetano Donizetti, che ne avrebbe ricavato un’opera bella e inattendibile.
Certo la fama sinistra della signora in questione da qualcosa deve avere preso spunto: per intenderci, Lucrezia non è stata ciò che hanno voluto farci credere, ma di qui al farne un giglio di rugiadosa virtù il passo non è neppure tentabile. Per creare il proprio personaggio Victor Hugo si è giovato delle testimonianze storiche, e questo rimanda a quanto appena detto sul conto della loro attendibilità.
Così, mentre il Baiardo ci ha tramandato Lucrezia come “una perla di questo mondo, bella e buona e dolce e cortese con tutti”, il Sannazzaro l’ha crocifissa come “figlia, moglie e nuora del papa”, accusa peraltro mossa anche dal primo marito, da cui il clan Borgia si liberò per motivi politici accusandolo di impotenza. Giuliano Priuli, cronista veneziano, ha provveduto a rincarare la dose, indicando Lucrezia come “la più grande prostituta che fosse in Roma”, supportato dall’umbro Matarazzo, che ci ha lasciato un significativo “colei che portava il gonfalone delle prostitute”. Anche uno storico come il Guicciardini ha avallato la teoria dell’incesto, azzardando che il di lei fratello Juan fosse stato fatto uccidere dall’altro fratello, il famoso Cesare Borgia, perché entrambi presi dalle grazie della evidentemente appetitosissima sorella.
Di fronte a ciò il resoconto del maestro di cerimonia del papa e perciò testimone oculare Johannes Burckardt, che racconta di un’orgia organizzata da Cesare Borgia con cinquanta prostitute, e alla quale Lucrezia avrebbe assistito insieme con il papa-padre divertendocisi parecchio, appare cosa modesta.
Insomma è indubbio che Lucrezia Borgia fosse una donna chiacchierata al pari della propria famiglia che, pur concedendo la tara dei tempi, era una associazione per delinquere. Quanto ai fatti strettamente storici, Lucrezia nacque il 18 aprile 1480, figlia illegittima dell’allora cardinale Rodrigo Borgia, che sarebbe diventato papa con il nome di Alessandro VI, e che aveva altri cinque figli. Colta, poliglotta, molto avvenente (ma i dipinti sembrano dire il contrario) e biondissima (una ciocca dei suoi capelli color platino è conservata nella Pinacoteca Ambrosiana), all’età di tredici anni venne unita in matrimonio con Giovanni Sforza, parente di Ludovico il Moro duca di Milano. Il gioco mutevole delle alleanza indusse però il papa e il suo prediletto figlio Cesare a liberarsi dello Sforza accusandolo di impotenza. Il poveretto, nonostante Ludovico il Moro gli proponesse di dimostrare la propria virilità consumando l’atto sessuale davanti a testimoni di ambo le parti, forse atterrito dall’ansia da prestazione preferì arrendersi, lanciando però il veleno dell’accusa che Lucrezia fosse l’amante del proprio padre.
Vero o no, un altro amante in ogni caso esisteva. Si chiamava Pietro Calderon e non aveva capito che con il papa e, soprattutto, con Cesare si correvano dei rischi, tanto che il suo cadavere finì ripescato dal Tevere.
La politica familiare destinò Lucrezia ad Alfonso d’Aragona, duca di Bisceglie, ma, mutati gli scenari, Cesare Borgia provvide a farlo strangolare nel letto in cui giaceva dopo un precedente attentato. Sempre per motivi politici, Lucrezia venne fatta sposare ad Alfonso d’Este, erede del ducato di Ferrara. Fu fra quelle nebbie che la disinvolta Borgia ebbe una relazione con il cognato Francesco Gonzaga, con il quale manteneva i contatti grazie a tale Ercole Strozzi, anch’esso evidentemente ignaro dei rischi che si correvano impicciandosi degli affari di letto della sorella di Cesare Borgia, almeno finché un manipolo di sicari non lo sgozzò sulla strada.
Col tempo, morti il padre e il fratello, Lucrezia parve trovare la pace interiore, dandosi alle penitenze e alle opere di carità. Si spense il 24 giugno 1519, all’età di trentanove anni, dando alla luce una bambina che le sarebbe sopravvissuta di due anni. Agli almeno otto figli avuti, uno da Alfonso d’Aragona e gli altri da Alfonso d’Este, i maligni dell’epoca, convinti delle pratiche incestuose della famiglia Borgia, aggiungevano quello di madre ignota riconosciuto prima da Cesare e poi dal papa, e che Lucrezia in effetti trattò sempre come fosse davvero figlio proprio.
Insomma un personaggio a tutto tondo, con una fama forse ingigantita dal contesto familiare, ma certo lontano dalla bieca avvelenatrice descritta da Victor Hugo, e per certi versi anche vittima degli spregiudicati uomini che altro non hanno fatto che usarla per i propri fini.