19. MASSIMILIANO D’ASBURGO: DAL GIARDINAGGIO ALLA FUCILAZIONE

Ci sono personaggi che nella Storia hanno fatto irruzione con clamore, e altri che invece ci si sono trovati loro malgrado.  Massimiliano d’Asburgo Lorena (1832-1867) aveva tutto per poter diventare un valente botanico, dedicarsi alle arti e vivere negli agi, come gli avrebbe permesso il suo ruolo di fratello dell’imperatore Francesco Giuseppe d’Austria.
Ma la nascita, quando regala onori, impone oneri.  Così nel 1857 venne mandato a Milano come viceré del Lombardo-Veneto, per attenuare lo scontento che il rigore del maresciallo Radetzky aveva suscitato nella popolazione.  Agli occhi di Francesco Giuseppe il fuoco divampato nel 1848 con le Cinque Giornate covava ancora sotto la cenere di quel liberalismo che s’era dimostrato capace di passare alle vie di fatto, con il di più dei maneggi internazionali che un infaticabile traffichino come il conte di Cavour stava mettendo in atto con chiari intendimenti anti-austriaci.  Il rimedio si rivelò tuttavia modesto, visto che le idee riformiste di Massimiliano dovevano ogni volta scontrarsi con la rigidità di quelle dell’imperatore e uscirne sconfitte.

4 - massimiliano d'asburgo
Sempre nel 1857 Massimiliano aveva sposato la figlia del re del Belgio, Carlotta, molto carina, molto ambiziosa e molto titolata, essendo anche nipote di Luigi Filippo re di Francia.  Quando nel 1859 l’imperatore decise che quel fratello con la testa zeppa di vegetali e di poesie era meglio che lasciasse Milano, la coppia si ritirò nello splendido castello di Miramare, che con i propri giardini e le circostanti scogliere rappresentava la realizzazione dell’ideale estetico di Massimiliano.
Ma la moglie, forte di carattere, figlia e nipote di re, non apprezzava quella pace domestica che sapeva d’esilio.  Avrebbe voluto una corona, in un’epoca in cui le corone si potevano anche inventare, e, come a esaudire i suoi desideri, la monotonia di Miramare venne squassata dalla prospettiva di un trono in Messico, dove, a mezzo secolo dall’indipendenza dalla Spagna, si viveva un periodo di disordine politico.
Il paese era diviso fra i conservatori di Miramon e i liberali di Benito Juarez.  Per salvaguardare i loro interessi Francia, Spagna e Inghilterra decisero di intervenire a sostegno dei conservatori, convinte che il Messico, gravato da un cospicuo debito contratto con il banchiere svizzero Jecker, mai avrebbe onorato gli impegni se lasciato a Juarez.

Quasi subito, però, Spagna e Inghilterra decisero di abbandonare l’impresa, e Napoleone III rimase padrone del campo.  I suoi trentamila soldati sbaragliarono le truppe di Juarez, e il 7 giugno 1863 conquistarono la capitale.  Ecco così un trono nuovo di zecca da far occupare a qualcuno di stretta fiducia della Francia, e Napoleone III, che con l’Austria aveva da poco avuto il sanguinoso contenzioso della II Guerra di Indipendenza a fianco del Piemonte (1859), lo offrì in segno di pacificazione interessata a Massimiliano d’Asburgo.
Mentre la neo-imperatrice Carlotta scriveva alla propria nonna che finalmente il marito aveva trovato un’occupazione diversa dal giardinaggio, Massimiliano firmava a Parigi l’impegno a restituire una volta salito al trono il prestito Jecker.
Dopo un viaggio durato un mese e mezzo, il 28 maggio 1864 i nuovi sovrani arrivarono in Messico, fra l’esultanza dei conservatori che Juarez aveva spogliato dei beni.  Intanto Juarez, forte dell’appoggio degli Stati Uniti, iniziava una micidiale guerriglia, che alla lunga avrebbe dato i propri frutti.
Massimiliano, che si illudeva di essere quello che non era, inaugurò una corte sfarzosa, stridente con le misere condizioni della popolazione, mentre in Francia, vera padrona di quell’impero inventato dal nulla, cresceva il malumore per la costosa guerra messicana.  Di lì a poco, infatti, Napoleone III annunciò il ritiro del proprio contingente militare, cioè dell’unico vero esercito di cui Massimiliano potesse disporre.

Ma anche fra i coniugi imperiali le cose non andavano al meglio.  Massimiliano si mostrava irritato dalle ingerenze della moglie nella vita politica, ed erano diventate di pubblico dominio le sue attenzioni nei confronti della gagliarda consorte di un proprio giardiniere.  Ora, per le faccende che avvengono fra le lenzuola, dovrebbe essere inciso nel marmo il principio che sono vere solo se certificate da un folto collegio notarile testimone oculare degli stravolgimenti avvenuti fra le lenzuola medesime, ma tant’è, le voci giravano e l’imperatrice aveva orecchie per ascoltare.
Con la speranza di fare sopravvivere il proprio impero, Carlotta si recò prima a Parigi, da Napoleone III, e poi a Roma, da Pio IX, e fu al cospetto del papa che si rivelarono le avvisaglie del suo squilibrio mentale.  Ricevuta dopo molte insistenze e di malagrazia, afferrò la tazza di cioccolata con cui il pontefice si accingeva a fare colazione e la bevve d’un fiato, sbrodolandosi.
Ebbe così inizio il suo pellegrinaggio fra le migliori strutture psichiatriche d’Europa, mentre in Messico il marito veniva sconfitto e catturato da Juarez.  Il 19 giugno 1867 il povero imperatore finì fucilato in compagnia di due generali del suo sgangherato esercito.  Il cadavere, imbalsamato ed esposto come trofeo di guerra, su pressione di tutte le cancellerie europee venne infine restituito all’Austria.  Carlotta, ormai priva di senno, sopravvisse fino al 1928, quando ormai nessuno si ricordava più di lei.  Miramare è ancora là, candido, bellissimo, ventoso e agghiacciante.

 

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