24. UN MONUMENTO ALLA DEMENZA MILITARE CHIAMATO “LA CARICA DEI 600”

La Storia ama replicare se stessa con monotonia, quello che è già successo risuccederà.  In attesa che il futuro Grande Califfato tenti per l’ennesima volta l’invasione e la conseguente islamizzazione dell’Europa, si sta respirando una forsennata voglia di Terza Guerra Mondiale.  Chi ne leggerà le vicende sui libri probabilmente troverà come prima causa del conflitto l’annessione della Crimea da parte della Russia di Putin, così come chi legge i prodromi della Seconda Guerra Mondiale incontra come antefatto della tragedia l’annessione dell’Austria da parte della Germania di Hitler.  Le premesse sono simili, compresa la prepotenza, che è un condimento senza il quale la Storia non avrebbe sapore.
La Crimea s’era già trovata al centro di un’altra guerra combattuta dal 1853 al 1856 fra Russia da una parte e Turchia, Gran Bretagna, Francia e Regno di Sardegna, cioè Piemonte dall’altra.  Guerra scoppiata per motivi meno che futili (la disputa fra russi ortodossi e francesi cattolici per il controllo dei luoghi santi in territorio ottomano), a trarne il maggiore vantaggio è stato senza dubbio il minuscolo Piemonte, che dopo avere perduto contro l’Austria la I Guerra di Indipendenza (1848-1849), s’era per volere di Cavour inserito nel conflitto con un corpo di spedizione di 15000 combattenti mandati a morire più per il colera (almeno 1300) che per il piombo nemico (meno di 10), incassando così le simpatie che gli avrebbero permesso di allearsi con la Francia e di vincere la II Guerra di Indipendenza (1859).

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Assediati a Sebastopoli, i russi controllavano la Piana di Balaklava, dove il 25 ottobre 1854 ebbe luogo l’episodio eroico e demenziale chiamato “La carica dei 600”, protagonisti tre alti ufficiali inglesi che si detestavano fra loro – il comandante in capo Lord Raglan, il comandante della cavalleria Lord Lucas, il comandante della Brigata Leggera Lord Cardigan – e il capitano Nolan, aiutante in campo di Lord Raglan.
Durante una battaglia pasticciatissima i russi erano riusciti a conquistare una batteria di cannoni inglesi e stavano portandoli al sicuro.  Lord Raglan allora ordinò a Lord Lucas tramite il capitano Nolan di caricare per recuperare le bocche da fuoco.  Lord Lucas, ricevuto l’ordine, si guardò intorno senza scorgere i cannoni, ormai oltre le colline circostanti.  Fu allora che Nolan intervenne con una irruenza ai limiti dell’insubordinazione.  Gli astanti lo udirono urlare: “Gli ordini di Lord Raglan sono che la cavalleria attacchi immediatamente!”  Sempre secondo i testimoni Lord Lucas lo guardò freddamente, per dirgli: “Attaccare, signore?  Attaccare cosa?  Quali cannoni signore?”  Allora Nolan indicò la valle controllata su tre lati dalle batterie russe, gridando “Ecco i vostri cannoni, milord, sono quelli che dovete caricare!”
Nolan era un eccellente cavallerizzo e un buon soldato, e stava vivendo con sofferenza l’inattività della propria cavalleria mentre intorno si combatteva.  Forse credeva davvero che i cannoni fossero quelli, ma più probabilmente provocò Lord Lucas, che disistimava.  Fatto sta che Lord Lucas raggiunse Lord Cardigan alla testa della Brigata Leggera in attesa, e gli ordinò di attaccare.
Lord Cardigan fece presente che sarebbe stato un massacro, ma Lord Lucas ribadì che gli ordini erano quelli.  Lord Cardigan allora a sciabola sguainata guidò la carica attraverso la valle, dapprima al passo, poi al trotto.  Nolan, che aveva chiesto di partecipare, ruppe il trotto, si mise al galoppo e sopravanzò Lord Cardigan, che lo apostrofò risentito.  In quel momento cadde una granata che uccise Nolan, il cui corpo venne calpestato dal cavallo di Cardigan.
Chi assisteva dall’alto all’azione stentava a credere ai propri occhi: contro ogni regola e contro il buonsenso la Brigata Leggera stava attaccando frontalmente una batteria di cannoni, per giunta con i fianchi esposti ad altre due.  Andò come doveva andare.  Nonostante la pioggia di proiettili, Lord Cardigan arrivò per primo sul nemico, ne scavalcò le difese e proseguì attraversandone i ranghi e lasciandosi alle spalle il combattimento, perché, come poi avrebbe detto, “Non faceva parte dei doveri di un generale combattere fra soldati semplici.”  Davanti a una formazione di cosacchi dovette però retrocedere, per ritrovarsi nella mischia e riattraversarla con indifferenza, mentre i suoi cavalleggeri stavano avendo la meglio sui russi, che però ricevettero in breve dei rinforzi.  La ritirata avvenne senza che nessuno l‘avesse ordinata.
Dopo venti minuti, dei 664 cavalleggeri che avevano partecipato alla carica giacevano sul campo 118 morti e 127 feriti, di cui, in linea con i tempi, diversi sarebbero deceduti in seguito, compreso il sottotenente piemontese Landriani, che aveva funzioni di osservatore.  Quanto ai cavalli, ne sopravvissero meno di 200.
Non è sicuro che Nolan fosse davvero l’imbecille che sul campo aveva fatto di tutto per dimostrare di essere, ma le rivalità e le antipatie fra i comandanti suoi superiori, che si parlavano a stento, possono avere contribuito a generare l’equivoco e ad ampliarne le conseguenze.  L’eroismo senza dubbio ci fu, ma è da attribuirsi per intero ai cavalleggeri, che in perfetto ordine andarono incontro a morte quasi certa, e la mancata totale distruzione della Brigata Leggera ne costituisce il premio.  Però, occorre dirselo, anche in guerra c’è modo e modo di mandare la gente a morire, e quello fu fra i più stupidi.

 

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