di Luca Cecchelli
Debutta stasera in prima nazionale al Teatro Oscar l’atteso nuovo spettacolo di Giacomo Poretti sul tema della morte, il secondo in coppia con la moglie Daniela Cristofori. E per la prima volta prodotto ufficialmente da Teatro de Gli Incamminati/deSidera.
Funeral Home, secondo spettacolo scritto e interpretato da te con Daniela Cristofori, psicoterapeuta e attrice nonché tua moglie. E anche in questo caso protagonista è una coppia. La regia invece è di un giovane, Marco Zoppello, della compagnia Stivalaccio Teatro, ospitato anche in stagione. Come nasce questo secondo spettacolo, dopo Litigar danzando?
«Nasce proprio sull’onda fortunata di Litigar danzando. Forse perché il meccanismo della coppia che litiga funziona. Così abbiamo pensato di dare a questa coppia qualche decennio in più e renderla ottuagenaria, sposi da più di 40 anni. Nello spettacolo devono presenziare ad un funerale, motivo per cui questi due personaggi si ritrovano così a discutere inevitabilmente sul tema della morte. Distanti sull’argomento quanto a sensibilità, scatenano così il litigio: lui ritroso, lei invece ha voglia di approfondire. E grazie all’ironia e alla sensibilità femminile Rita saprà porre le domande giuste fino a chiedersi cosa ci sia dopo…ma non spoilerariamo…».
“Una parte dell’energia di una coppia sta paradossalmente anche nel litigio”
Nello spettacolo due modelli di approccio all’esistenza dunque diametralmente opposti. Meglio Rita o Ambrogio per affrontare questo tema?
«Diciamo che dal punto di vista di chi l’ha scritto essi rappresentano una sintesi di pensiero, non a caso alla fine Ambrogio si fa un po’ convincere, comprende quanto la sua resistenza sia in fondo esagerata».
In Funeral Home si ride sul tabù della morte. Fino a che punto ci si può spingere a scherzare su certi argomenti?
«I comici hanno sempre affrontato molto volentieri certi tabù. Personalmente credo che un comico possa permettersi di tutto, dosando la giusta sensibilità per affrontare qualsiasi argomento. Nulla potenzialmente gli è precluso, se non il buongusto».
“La morte è materia irresistibile per un comico: certi temi si possono affrontare solo ridendo”
Perché c’è la tendenza a rimuovere la morte dal nostro vivere quotidiano, che anzi sarebbe un monito interessante e stimolante, se non altro a prendere decisioni di vita forse più lucide e appaganti?
«Perchè la morte ha sempre spaventato l’essere umano. Probabilmente l’età moderna tende a rimuoverla ancora di più perché in questi tempi sono sempre più fragili anche i sostegni spirituali. Non quelle che alcuni considerano ‘scuse’, ma le domande esistenziali e la curiosità di chiedersi e sapere cosa ci sia dopo. La modernità sempre più preferisce non interrogarsi e dire “con la morte finisce tutto e basta”. Non ci si interroga né sull’inizio né sulla fine».
In una conferenza stampa dell’Oscar di qualche tempo fa avevi proposto a tal proposito una Anima week, in linea alle ‘week’ milanesi.
«E rilancio la proposta. Speriamo sempre di poterla fare. Così come uno degli obbiettivi dello spettacolo è proprio questo, evitare che certi argomenti vengano rimossi. Insieme a tutte quelle parole che oltre a rischiare di essere rimosse vanno verso l’estinzione, come appunto la parola ‘anima’».
“La nostra immagine sociale ci vuole eternamente giovani e pronti a rimandare all’infinito qualsivoglia presa di coscienza su ciò che accadrà domani”
Lo spettacolo fa parte della vostra programmazione fino a gennaio. Per ora sta vincendo sala o salotto?
«Direi la sala (sorride). Siamo partiti con tutte le preoccupazioni legate alla pandemia ma stiamo avendo segnali molto molto incoraggianti. Il pubblico ha già riempito almeno due o tre volte la sala e questo spettacolo va verso l’esaurito. Direi che è un buon risultato, siamo molto contenti».
Partiti nel 2019 il covid non vi ha fermato, anzi gestirete l’Oscar per 18 anni. Confermato?
«Confermato sì…Padre Eterno permettendo (sorride)».
Recentemente hai pubblicato anche il libro “Turno di notte”, protagonista Sandrino Saetta, un infermiere che ti somiglia molto. Come nasce questo libro?
«Nasce dallo spettacolo “Chiedimi se sono di turno”, già ispirato alla mia vita da infermiere. Poi si è ampliato ed è diventato un vero romanzo, una riflessione ulteriore sulla condizione umana, a partire dal contesto del mondo dell’ospedale e la malattia e su chi lavora a contatto con essa. Oltre a personaggi d’ogni tipo – suore, infermieri, pazienti, dottori – si ritrova anche tenerezza per la sofferenza altrui, quella che induce Sandrino a incalzare l’Amministratore Delegato dell’Universo (o chi per lui) con mille domande e dubbi su tanta ingiustizia».
Curiosità finale. Del trio tu eri quello che odiava le tournée così il teatro lo hai aperto sotto casa. Nel frattempo sei in pausa con i tuoi compagni d’avventura, ma c’è un film in cantiere, giusto?
«Per ora c’è l’idea di un film, sì. L’anno prossimo, dopo Natale, ci troveremo per cominciare a pensare al soggetto, ma al momento ancora niente di definito. Avrete presto nostre notizie (sorride)».
FUNERAL HOME
10, 11 e 13, 14 dicembre, ore 20.30
12 dicembre, ore 16.30
di e con Giacomo Poretti e Daniela Cristofori
Regia Marco Zoppello
Assistente alla regia Michele Mori
Scene Stefano Zullo
Assistente scenografo Nina Donatini
Costumi Eleonora Rossi
Assistente costumista Federica Famà
Disegno luci Matteo Pozzobon
Musiche originali e sound design Giovanni Frison
Produzione Teatro de Gli Incamminati/deSidera
in collaborazione con StivalaccioTeatro
©L.C.
Milano, 10 dicembre 2021
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