di Luca Cecchelli
“Prosegue all’insegna della comicità la stagione del Teatro Delfino. Questa sera, dopo Alberto Patrucco, Paolo Hendel e Giobbe Covatta a salire sul palco è un altro grande nome della stand up comedy italiana: Alessandra Faiella. Che con la consueta dissacrante ironia ci racconta il nostro nuovo modo di vivere la realtà in seguito alla pandemia, ovvero l’era del pane fatto in casa.
Il 10 marzo 2020 ascoltavamo il primo DPCM che estendeva la zona rossa in tutta Italia.
Tu come ricordi quel momento, l’entrata nell’era della pandemia?
«In quei giorni ero in scena con Coppia aperta quasi spalancata di Dario Fo e Franca Rame al Teatro della Cooperativa insieme a Valerio Bongiorno, regia di Renato Sarti. Io abitavo ancora in zona Corvetto e dato che si pensava che l’emergenza durasse una settimana mi sono trasferita nella mia casa sul Lago Maggiore per qualche giorno. Invece da lì è passato un anno e alla fine non mi sono più spostata. Devo dire che mi sono trasferita senza rimpianti».
Lo spettacolo nasce da un breve sketch scritto per una convention aziendale. E poi come lo hai sviluppato, con Alexa?
«Ho scritto il cuore dello spettacolo poco più di un anno fa, a partire da un intervento di circa 20 minuti, proprio sullo smart working, richiestomi in una conferenza per la Camera di Commercio di Padova. É piaciuto e così ho pensato di sviluppare quello spunto per un intero monologo. L’idea di utilizzare Alexa è venuta a Rossella Bellantuono, che in scena ne fa la voce».
“Che cosa ci sta accadendo in questo assurdo momento storico,
come ci sta cambiando la pandemia? Al di là degli innegabili aspetti tragici,
la quotidianità della vita nell’era Covid è ricca di spunti comici”
Chiedo a te, che insegni anche all’Accademia del Comico: fino a che punto si può ridere, anche delle disgrazie? Fino a che punto arriva il diritto di satira? Sta alla sensibilità di un artista o esistono di fatto limiti e argomenti sui quali è fuori luogo fare ironia?
«È un tema dibattuto, spesso ne parlo anche con i miei allievi, come docente. Fin dove arriva il diritto di satira? Qualcuno pensa che valga tutto, che basti far ridere invece ritengo che esistano anche dei limiti che stanno in buona parte alla sensibilità e alla capacità del comico. Certi temi non andrebbero toccati a mio avviso. La pandemia, spunto per questo spettacolo, è stato anche un periodo tragico, bisogna stare attenti. A me piace scherzare e giocare sugli effetti quotidiani della pandemia, senza arrivare al dramma però: lì ridere non è possibile. Scherziamo solo sulle modalità a cui siamo costretti, le assurde conseguenze nella vita quotidiana».
Smartuorc è volutamente scritto in maniera ignorante: una sorta di omaggio all’esasperazione degli “inglesismi a cazzo” che regnano a Milano?
«Sì, il titolo “ignorante” vuole ironicamente alludere alla moda dilagante degli inglesismi che non abbandonano noi milanesi, da call conference a brainstorming. Abbiamo un po’ perso i confini della realtà per questo smartuorc. E scriverlo in italiano mi sembrava un gioco di parole carino per ricordarcelo».
“Si cerca di conciliare la vita familiare con quella lavorativa, di fare il pane rispondendo alle mail, di gestire contemporaneamente gli sbalzi d’umore dei figli adolescenti con quelli del capo e dei colleghi. Lo smart working, la nuova modalità di lavorare da temporanea rischia di diventare a tempo indeterminato”
Pensi davvero che lo ‘smartuorc’ da temporaneo rischi di diventare a tempo indeterminato?
«Sì, credo che il rischio sia quello. Lo credo perché le aziende ne hanno gustato i vantaggi, in termini di risparmio, anche sui trasporti ad esempio. Penso però si andrà verso un compromesso perché non si possono tenere le persone in isolamento a litigare con mariti, figli e mogli, come specifico anche nello spettacolo. D’altra parte il lavoro è anche un modo di creare rapporti e socializzazione: non si può non far più socializzare le persone. Quindi immagino continuerà ancora finché ci sarà questa situazione di semi-lockdown, poi arriveremo inevitabilmente a una mediazione».
“Anche tu metti gli sfondi di Manhattan per darti un tono?
Anche tu non ti accorgi che tra i destinatari della tua e-mail c’è anche il tuo capo e lo deridi sfacciatamente?
Anche tu non ce la fai più a sopportare tutta la famiglia che lavora in casa?
Benvenuto nell’era del pane fatto in casa”
Tu giustamente ci ironizzi, ma perché proprio il pane in casa è diventato un’icona di questi tempi?
Ci ricorderemo questo?
«Il pane in casa è diventato il vero simbolo di questa era. Non so chi abbia lanciato questa moda ma continuo a scoprire quanto sia diffusa. Questo lockdown ha sdoganato una mania e molti non ne sono più usciti. Siamo diventati tutti produttori e fautori del pane fatto in casa!»
La pandemia è stata proficua sicuramente per la stesura del nuovo spettacolo. E poi quali sono stati i vantaggi di questa era?
«Avere un po’ più di tempo in casa e “meno sbatti in giro”, come dicono i giovani. Godersi di più la propria dimensione domestica, cosa che, soprattutto a Milano, avevamo ormai dimenticato. A me piace stare in casa, la vita è diventata, almeno apparentemente, meno stressante. I tempi sono più rilassati e funzionali, puoi rivalutare i rapporti familiari. Poi c’è chi li rivaluta e chi esce pazzo, per carità (ride)! Più di tutto forse tornare a godersi il tempo, la più grande ricchezza che abbiamo. Puoi essere miliardario, ma se non hai il tempo di goderti un attimo di benessere che te ne fai dei soldi? Questo non significa che i soldi non facciano la felicità…perché figuriamoci la miseria! Ma dopo aver lavorato 15 ore al giorno poi…cosa rimane? È importante tornare a cogliere questi aspetti».
“L’unica consolazione è che siamo tutti sulla stessa barca,
che affonda lentamente direbbe Dario Fo”
Il tuo spettacolo, nel raccontare il modo di conciliare vita familiare con quella lavorativa, cerca di presentare, come di consueto, un punto di vista femminile. Ieri è stata la festa della donna, ma purtroppo, tanto più di questi tempi, si parla ancora poco del calo dell’occupazione femminile.
«Ho scoperto che tra tutte le persone che hanno perso il lavoro le donne sono il 90%. É tantissimo. Però questo fenomeno viene sottolineato poco. Fortunatamente c’è chi tiene alta l’attenzione su questo tema: si cerca di fare più pressione da parte di gruppi femminili – non diciamo femministi –, gruppi cioè di donne impegnate e politicamente attive che stanno spingendo molto le istituzioni a tenere conto di questi fenomeni. Quello che conta è capire che senza donne non si va avanti. Nei paesi dove le donne hanno maggiore visibilità nel mondo del lavoro e ricoprono più posti di responsabilità e di potere, la stessa economia va meglio. Dobbiamo uscire dalla logica delle quote panda e rosa: dati alla mano, chi è più avanti di noi, semplicemente lo è perchè ha capito che le donne hanno delle skills che non sono migliori di quelle degli uomini, ma insieme a quelle degli uomini sono di grande sostegno. Basta vedere che cosa ha fatto Angela Merkel. Oggi abbiamo ai ruoli di potere donne molto importanti e capaci e molte cose stanno cambiando, ma c’è ancora tanto da fare. Inserire in ambito lavorativo più donne significa avere più potenzialità, non una perdita di potere da parte degli uomini. Questo concetto deve passare perché senza considerare adeguatamente le donne non faremo mai progressi, anche a livello economico».
“Il Wall Street Journal ha detto che la parità di salario ci sarà nel 2125.
E io quel giorno avrò le mie cose”
È una battuta del mio spettacolo, per dire che la strada è ancora lunga. D’altra parte, mancano ancora parità di salari e congedi di paternità equiparati a quelli di maternità. Utilizzando anche luoghi comuni come il fatto che le donne siano perfette per gestire la casa perché multitasking. Ecco, io ironizzo molto anche sui difetti delle donne: bisogna stare attente anche a sottolineare queste capacità, diventano alibi controproducenti”.
Intervista di Luca Cecchelli ad Alessandra Faiella per il debutto di “Smartuorc”
“Teatro 2.0 live streaming: Ieri e oggi”,
9 marzo 2021
Si ringrazia Roberta Grillo e Sara Di Giacinto per la collaborazione
SMARTUORC
La vita ai tempi del pane fatto in casa
24 – 26 marzo, ore 21.00
di Alessandra Faiella
Con Alessandra Faiella e la partecipazione straordinaria di Alexa (voce Rossella Bellantuono)
Durata spettacolo in scena 60 minuti
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