di Luca Cecchelli
Torna da stasera al Teatro Leonardo “Urlando Furiosa”, surreale personaggio romanticamente pseudo-epico e letteralmente nato dalla fantasia di Rita Pelusio. L’intervista all’attrice e autrice.
Urlando Furiosa: come è nato questo personaggio, che ha debuttato nel 2017?
«Urlando Furiosa è una piccola paladina, un personaggio immaginario e immaginifico che vive nella testa della sua autrice, cioè me. Tutto lo spettacolo è ambientato nella testa dell’autrice: in scena questa paladina è attaccata a un grande “chiodo”. Urlando, appena creata, risveglia la coscienza della sua creatrice, chiedendole di tornare ad esporsi e battersi per cause che lei ritiene giuste. Uno spettacolo molto intimo, una confessione sincera.
“Urlando Furiosa è un buffone poetico e irriverente
nato dalla fantasia di Rita Pelusio.
Uno spettacolo che giocando con l’immaginario dell’epica ci presenta un’eroina all’incontrario, piena di dubbi, in crisi, perennemente bastonata dalla realtà”
E pensare che quando ho scritto questo spettacolo eravamo tutti in un periodo di relativa comodità, rispetto a quello che ci avrebbe travolto di lì a poco. Era una vita nella quale ci si batteva ancora, ma più comodamente, senza esporsi più di tanto. Io stessa, che le mie battaglie continuavo ad affrontarle, sentivo però come il cuore spento. Vivevo in una sorta di rassegnazione rispetto a condizioni sociali che mi si prospettavano, non ritenevo più possibile ottenere risultati. Stato d’animo che riscontravo anche nei miei colleghi e amici. C’era molto scoraggiamento, ci dicevamo: “Sì ma a cosa serve battersi in questo modo?” Soffrivo, ma per prima ho continuato a dire a me stessa “non importa se ce la faccio o no, però devo provarci”. Solitamente vado in scena quando ho un’urgenza e così è nata Urlando, cui ho dato corpo e voce: il risveglio della mia coscienza. È un personaggio figlio di quel momento».
E cosa è cambiato dal 2017, rispetto a quello che vedremo stasera in scena?
«Se già nel 2017 Urlando si chiedeva in che tipo di regno stesse vivendo, figuriamoci oggi con tutti i cambiamenti che ci sono stati, non solo a livello geopolitico. Siamo necessariamente tornati in riscrittura per aggiornarlo. Tanti avvenimenti, non solo la pandemia. Forse però, quello che più è cambiato, è lo spirito. Forse abbiamo meglio capito che ce la possiamo fare se lavoriamo insieme, senza farci fregare dal divide et impera – cioè quello che sta accadendo nel mondo dello spettacolo. Noi lavoratori dello spettacolo siamo tornati a riempire le piazze con più motivazione e a batterci davvero come se non ci fosse un domani. Vero è che siamo un settore frastagliato – chi è molto finanziato, le piccole compagnie, gli scritturati, i non scritturati, gli indipendenti – e dobbiamo perciò trovare punti in comune. E su questi punti in comune continuare la battaglia. Siamo riusciti a promuovere una riforma anche con l’occupazione del Piccolo, nonostante il ministro sembri non avere orecchie vere per i lavoratori. Non è servito a niente? Io considererei che la battaglia sia ancora lunga e si debba continuare a resistere. Ho cercato di integrare tutto questo in un linguaggio giocoso, così come cercherò di attualizzare ancora di più lo spettacolo alla luce di altre recenti polemiche sociali».
“Urlando Furiosa, attraverso le sue riflessioni e il racconto delle sue battaglie perse, si interroga sulle contraddizioni del presente e si chiede se ha ancora senso credere nell’incredibile, sfidare il cinismo e la disillusione, immaginare il futuro con più incanto”
Nella tua formazione clownerie, mimo e naturalmente il comico in senso lato. Comicità e satira sono strumenti spesso utili per riflettere su tematiche sociali. Tu lo hai sempre fatto e dimostrato nei tuoi spettacoli, in ultimo anche con La felicità di Emma. Senti questo approccio vissuto più come modalità di intrattenimento da parte del pubblico di oggi, o si tratta di meccanismi che in qualche modo riescono a far breccia nella mente quando non nella morale delle persone?
«Satira e comicità sanno far breccia da sempre, il problema è un altro. Un’altra battaglia, per restare in tema, o per lo meno un’azione che mi piacerebbe intraprendere, sarebbe fare qualcosa per nobilitare l’arte comica. Purtroppo spesso la si associa ancora solo al cabaret o al mondo televisivo. Non si dimentichi però che un attore comico nasce prima di tutto come attore di commedia. L’attore comico passa dalla prosa, seguendo tutto il percorso di formazione per poi focalizzarsi sull’arte comica. Come è successo a me.
I più grandi comici, come Dario Fo, Franca Rame o Paolo Rossi, sono persone che hanno sempre portato profondi contenuti nella loro satira. E la commedia dell’arte o i giullari, ancora prima, portavano in scena spaccati di società. Una volta veniva privilegiato il teatro; e oggi, rispetto ad altri canali, questi tipi di spettacoli vengono fatti solo in teatro. Da anni sperimento una drammaturgia che sappia essere al contempo comica e civile. Spettacoli come i miei – ma anche di altri colleghi – hanno l’obbiettivo di raccontare tematiche sociali attraverso la comicità, ma arrivano solo a un certo pubblico. In televisione, o nei famosi Netflix e Amazon, è più difficile trovare questo tipo di prodotto. Ecco allora che chi è limitato a quei casi intende il comico come mero intrattenimento e invece non è così».
È il pubblico dunque che contribuisce a determinare un genere di aspettativa?
«A volte il comico viene svilito in quanto televisivo. La satira di Leonardo Manera a Radio24 però è molto intelligente, così come quella di Alberto Patrucco. Un conto è il cabaret televisivo, dove certi colleghi possono anche passare con brevi sketch, altra cosa sono i loro contenuti. Per questo è importante conoscere un artista a teatro. La mia è stata anche una scelta di pubblico in questo senso, da quando ho lasciato la televisione. Ho inteso costruire un percorso teatrale, ma che non definirei né strano né pionieristico, perché siamo in tanti a utilizzare il mezzo comico per stimolare riflessioni. Come è stato il caso di Eva, sulla disubbidienza. Il comico non è solo intrattenimento; semmai proprio perché tocca il tasto della risata, sa passare contenuti con più leggerezza e agilità».
Vale la pena battersi per battaglie considerate perse?
“Cos’è un gesto Epico?” chiese Urlando alla Luna.
“É un’impresa più grande di te che sai che potrebbe anche finire male
ma che decidi ugualmente di compiere.”
“Ah” rispose Urlando. E tornò a dormire.
Esistono battaglie che si possono definire tecnicamente perse o forse sono semplicemente lunghe. Qual è quella che senti più urgente oggi? O contro cosa senti l’urgenza di urlare furiosa?
«Forse meglio dire con chi mi vorrei unire nella lotta. Venendo recentemente dal 25 aprile sicuramente a tutto quello che riguarda l’antifascismo. E poi da sempre alla violenza sulle donne. In questo periodo in particolare sono vicina a tutti i lavoratori e compagni del mondo dello spettacolo. E anche al movimento No TAV, che stimo e seguo da tantissimo tempo. Ci sarà una rappresentanza di “diversamente paladini” ospiti al termine di una delle serate dello spettacolo. I No TAV insegnano la resistenza, la vita e la difesa del territorio, non solo a livello ambientale, ma anche umano. Quello che avviene nella comunità e in tutto il movimento No TAV purtroppo non viene mai abbastanza raccontato: i giornali mostrano spesso solo azioni di rivolta, ma nessuno spiega cosa succede ad esempio agli abitanti della Val Susa. Ci sono persecuzioni quotidiane, chi viene schedato, chi incarcerato, ma sono persone meravigliose. Persone di tutte le età. Trovo sbagliato il modo in cui venga riportata la lotta di questo movimento. Sbagliata perché i No TAV sono la vera dimostrazione che se davvero ti batti per qualcosa riesci a vincere, o per lo meno a bloccarne un’espansione negativa. È un esempio di umanità stupenda, che però non si conosce. Un esempio di vita.
Queste sonole battaglie sulle quali ancora oggi sto lavorando. E spero che Urlando possa risvegliare la coscienza degli spettatori, che possano unirsi a noi e far parte di questo “poema etico”!»
Chi saranno gli altri Diversamente Paladini, presenti alla fine delle tre repliche?
«Stasera la sezione Audrey A.N.P.I. che a noi piace chiamare “Intersezione A.N.P.I.”, fondata nel gennaio 2020. Siamo più o meno in 40 fondatrici, ma è aperta anche a tesserati uomini. Comprende artiste, personaggi della società civile, insegnanti, psicologhe e scrittrici. Non siamo territoriali, non operiamo solo nella nostra zona, siamo a disposizione anche di altre sezioni. Tra gli obbiettivi che ci siamo dati c’è quello di portare i valori dell’antifascismo nelle scuole. Abbiamo attivato una serie di laboratori, anche un libro per ragazzi da cui è stato tratto uno spettacolo, Armando, Lettere Resistenti. E poi ci sarà Francesca Busci del Coordinamento Spettacolo Lombardia, con il quale abbiamo occupato il Piccolo e Simone Faloppa del Collettivo Itaca Etica, che ha scritto e pubblicato il libro Per un’etica rampicante per il lavoro dello spettacolo dal vivo. Questi i temi scelti. Avrei voluto invitare anche l’associazione Aura Blu con la quale avevo fatto la ciclostaffetta Milano-Palermo, Emergency, il Centro Anti Violenza Donne Milano o le Brigate Solidali. Straordinari giovani che hanno aiutato le fasce più fragili durante la pandemia».
Prossimi progetti, ora che si sta sempre più tornando alla “normalità”?
«Urlando Furiosa è un ritorno. Ha circuitato tanto dal 2017 al 2019, prima del blocco nel 2020. Oltre alle città, quello che più mi è piaciuto è stato portarlo nei teatri di provincia, invitando associazioni locali. É incredibile scoprire come in tutto il territorio italiano esistano associazioni capaci di veri miracoli. Nel frattempo mi sono dedicata ad altri spettacoli. Lo scorso 10 aprile ho debuttato con La felicità di Emma e ora sono dentro quel lavoro. In questi giorni ho le prove de Il sentimento dei radical chic, testo tratto dal libro di Giacomo Papi, ambientato in un futuro distopico dove si vietano le parole. Spunto per una nuova battaglia contro l’abbruttimento».
Si ringrazia Alessandra Paoli per la collaborazione.
URLANDO FURIOSA
Un poema etico
Dal 27 al 29 aprile 2022, ore 20.30
di Domenico Ferrari, Riccardo Piferi, Riccardo Pippa e Rita Pelusio
Con Rita Pelusio
Regia Riccardo Pippa
Assistente alla regia Andrea Bettaglio
Scultura scenica Simone Fersino
Costumi Anna Cingi
Disegno luci Paolo Casati
Sound designer Luca de Marinis
Produzione Co-Produzione PEM Habitat Teatrali, Anna Marcato
Durata spettacolo in scena 65’
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