di Luca Cecchelli
Walter Di Gemma, cantautore, attore e cabarettista, oltreché volto noto di Antenna 3, porta lunedì 30 maggio al Teatro Leonardo uno dei suoi spettacoli di teatro-canzone ispirato alla tradizione meneghina. Il ricavato sarà donato alla ricerca e cura delle leucemie e malattie oncoematologiche promossa da Luce e Vita Onlus. L’intervista all’artista milanese.
Ma và a ciapà di ratt, titolo del tuo spettacolo, è una tipica espressione milanese per “mandare a quel paese” qualcuno. C’è, sempre ironicamente s’intende, un destinatario di questo invito nel tuo spettacolo, magari in riferimento all’attualità?
«I destinatari siamo noi stessi, quando presuntuosamente pensiamo di sapere tutto e ostentiamo verità senza prove. Opinioni come se fossero verità assolute, senza un minimo di dubbio o autocritica. Sono tempi in cui, a mio parere, sta venendo fuori il peggio delle persone. E in particolare un egoismo malcelato, causa principale della rovina di molti rapporti d’amore e di amicizia».
“Una satira raffintata ma travolgente,
in grado di sollevare dubbi e suscitare la curiosità degli spettatori”
Uno spettacolo di teatro-canzone costituito da momenti di riflessione alternati a guizzi di leggerezza, ma sempre con illuminanti digressioni. Nella creazione di questo spettacolo c’è una tematica principale che lega canzoni e monologhi o più istintivamente proponi il meglio del tuo repertorio?
«Il tema principale è il bisogno di alleggerire con un semplice ma efficace “ma và a ciapà di ratt” quello che subiamo dall’esterno o dalle persone che ci circondano. Sottolineare le contraddizioni del nostro vivere quotidiano, per poterle guardare con occhi più distaccati e ironici. E forse per chiederci se vale davvero la pena di dare peso a cose che, se ben analizzate, non sono poi un bisogno vero».
La definizione di spettacolo di teatro-canzone inevitabilmente rimanda, per tradizione, a Giorgio Gaber. E di cui il prossimo gennaio ricorreranno i 20 anni dalla scomparsa. Tu come lo ricordi?
«Ero giovane quando l’ho conosciuto ed è stato per me un grande onore. Mi ha chiesto più volte, con grande stima, cosa pensassi dei suoi ultimi spettacoli, concedendomi persino il privilegio di ascoltare in anteprima suoi nuovi brani. A sua volta mi consigliò il tema di una canzone che ho poi scritto e pubblicato. E quando una volta ha giudicato “geniale” una mia canzone – dicendomi di aver io usato la stessa intelligenza che avrebbe usato lui nello scrivere una canzone del genere – sentivo le gambe che mi tremavano: è stata una delle emozioni più forti della mia vita. Col passare degli anni ho sempre più fatto tesoro dei momenti in sua compagnia, dell’amicizia e della stima che mi ha sempre contraccambiato. Non mi sono però mai sentito, nemmeno per un secondo, né una sorta di “portavoce”, né tantomeno l’erede di un artista così unico e irripetibile. Credo che non nascerà più un artista geniale come lui».
“Parlo sempre di Gaber nei miei post, nei miei spettacoli e in televisione.
É una mia intima necessità, per dimostrargli ogni volta il bene che gli ho voluto
e che gli voglio”
Uno degli insegnamenti più importanti di Gaber che porti con te?
«Gaber è e rimarrà per me un faro assoluto. E penso anche per molti altri. Ha rivoluzionato in generale il mio modo di essere e di pensare. Gli devo moltissimo. Personalmente mi ha dato tanti consigli, sia umanamente che per la mia professione. Per questo quando se ne è andato ho sofferto un dolore enorme. E anche in quell’occasione ho trovato la forza proprio grazie a una sua frase: “Non bisogna piangere per le cose perdute, ma per quelle mai trovate”. Questo è l’insegnamento più importante che porto con me».
Stai preparando qualcosa per celebrarlo?
«Personalmente ho avuto la fortuna di poterlo celebrare, per tutto ciò che ha significato per me, con lo spettacolo Grazie, Gaber! (2019). Certo, ci sono anche altre manifestazioni importanti come “Milano per Gaber”. Ogni anno molti amici, conoscenti o colleghi mi chiedono: “Perché non partecipi?” Io francamente non so assolutamente cosa rispondere, se non semplicemente: “Non mi hanno mai contattato”. Posso però dichiarare, in tutta onestà, che non lo vivo affatto come un problema. Anzi ringrazio di cuore ancora una volta tutti coloro che continuano a dirmi “Tu devi esserci!”. C’è chi mi dice “Partecipano personaggi che non l’hanno nemmeno conosciuto”. E sai cosa penso? “Meglio per coloro che hanno un’occasione in più per rendergli un doveroso omaggio e conoscerlo ancora meglio attraverso le sue canzoni”».
“Io volevo bene a Gaber e lui ne voleva a me.
Di questo ne sono assolutamente certo. E a me basta e avanza,
al di là di ogni manifestazione”
Con oltre 30 anni di carriera nel cabaret ti confermi uno degli esponenti più interessanti del panorama musicale lombardo contemporaneo. Come senti trattato o vissuto oggi il dialetto dalle giovani generazioni? E quale, in generale, l’attenzione per la musicalissima canzone lombarda?
«Sento molti singoli artisti e gruppi che trattano temi attuali nelle nostre lingue lombarde. E questo non può farmi che piacere. Non vedo però ancora una legittimazione così forte da considerare una canzone dialettale al pari di una canzone italiana, per esempio. Sarebbe opportuna un’operazione culturale molto seria e approfondita, ma si sa, i pregiudizi sono difficili da estirpare. Come diceva Einstein: “È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”».
Tu ti senti più legato a una certa generazione di cantautori milanesi e per questo, per certi versi, una sorta di “ultimo dei Mohicani” o vedi nuove giovani leve portare avanti questa tradizione?
«Come già notavo ci sono molti che scrivono e cantano portando avanti questa tradizione. Io mi sento inevitabilmente legato al mondo che ho vissuto, quello del cabaret e della canzone milanese d’autore. Non so però se mi debba sentire un “ultimo dei Mohicani”. Anzi, sinceramente non ho nemmeno interesse ad esserlo».
“La mia unica vera gioia è avere la fortuna di condividere i miei monologhi e canzoni con le persone che vengono ad ascoltarmi, indipendentemente dalle reazioni che possa io ricevere, nel bene e nel male.
Resta una grande fortuna della quale sono consapevole.
Un privilegio che non tutti hanno”
Tra i tuoi ultimi impegni sei stato protagonista di una trasmissione a puntate che la RAI ha dedicato alla storia della comicità. Su quali altri progetti ti stai concentrando in questo periodo, televisivi, teatrali e musicali?
«In questo periodo sono molto occupato in TV (Antenna 3) con Sabrina Musiani e il tempo a disposizione è veramente ridotto per potermi dedicare alle molte idee che ho. Spero di realizzare i progetti legati alla Regione Lombardia sulla comicità e il cabaret anche grazie alla RAI, che mi ha permesso di introdurli e proporli al grande pubblico. Nei ritagli di tempo riescono comunque a prendere corpo anche canzoni e monologhi che inserisco, di volta in volta, nei miei nuovi spettacoli teatrali. Posso dirmi dunque assolutamente soddisfatto per il momento. E questo grazie anche alle persone che vengono a teatro, senza le quali non avrei la possibilità di portare avanti questo mio sogno. Perciò, Grazie!»
Si ringrazia Viola Serreli per la collaborazione.
MA VÁ A CIAPÁ DI RATT
Lunedì 30 maggio 2022, ore 17.00 e ore 21.00
di e con Walter Di Gemma
Durata spettacolo in scena ‘90
Organizzazione Artespettacolo
Informazioni e prenotazioni al numero 02 6075405
https://www.facebook.com/digemma
https://www.instagram.com/walter_di_gemma/