Giovanni Chiara con la sua nuova rubrica di racconti dedicati alla storia. La Storia come non ve l’hanno mai raccontata. Le illustrazioni sono di Athos Careghi.
Giovanni Chiara è nato a Milano. E’ autore dei romanzi “Lido Foce”, “L’agghiaccio” (tradotto in francese, olandese, tedesco e portoghese), “Specchio a settembre” (tradotto in olandese e tedesco), “Glaucus”, edito nella sola Olanda, e “Il libro bucato dello gnomo Here You Are”. Suoi racconti sono inoltre presenti nelle raccolte di autori vari “Jam session” e “Ticket to write”, e ha contribuito alla realizzazione del volume “Storia e storie dei mercati generali a Milano”. E’ autore teatrale (Premio Fersen 2003) e si occupa di divulgazione artistica, in particolare di opera lirica, per la quale ha una rubrica sul mensile “Artecultura”. Ha collaborato con i periodici “Time out”, “Chi è di scena?”, “Vivamusica” e “Odissea”, oltre che con “Quattro”, di cui è socio fondatore.
1. CONOSCERE IL PASSATO PER CAPIRE IL PRESENTE
La Storia è il succedersi delle efferatezze compiute dall’uomo nei confronti dei propri simili. E’ figlia della disarmonia. Elenca eventi che sono per lo più guerre, invasioni, spartizioni, rivoluzioni, in una chiave notarile che certifica l’accaduto dopo aver tentato di spiegarne le cause, in apparenza asetticamente. Nella Storia l’uomo non c’è. C’è il grande protagonista, che può essere un monarca, un condottiero, un politico, un rivoluzionario, e ci sono i popoli e le loro vicende; ma l’uomo che sia l’uomo nella Storia non ha nome, per la Storia contano i personaggi, non le persone. E’ anche bugiarda, la Storia. E’ stata scritta dai vincitori, il suo punto di vista è parziale, e gli sconfitti si sono ogni volta trovati a far fronte a ben altro che cercare di riscriverla. L’oggettività della Storia è perciò opinabile, ma ciò non toglie che, pur se appesantita da queste tare, vada conosciuta. Siamo figli del nostro passato, e il futuro sarà figlio del presente che stiamo costruendo, tanto varrebbe farlo al meglio. La Storia potrebbe offrirci la straordinaria fonte di riflessione chiamata senno di poi, invece è diventata il ciclico ripetersi di situazioni che, visti i danni provocati, dovrebbero avere in sé gli anticorpi dell’irripetibilità. La Storia è sporchissima, i suoi eventi sono stati scritti con il sangue, e il peggio viene tralasciato, perché questo peggio riguarda l’entità irrisoria che per la Storia è l’uomo. Dalle sue pagine si può appena intuire che gli eserciti destinati a sterminarsi lo fanno irrompendo sulle vite delle popolazioni inermi, sulle loro case, sui loro campi, sui loro averi, sulle loro carni. Il soldato strappato alla propria famiglia per andare ad affrontare altri soldati può trasformarsi nel boia implacabile delle famiglie altrui, è sempre accaduto, eppure ciò non trova che poche gocce di inchiostro disponibili per riferirne.
Quando i libri di Storia trattano di una città conquistata, è inusuale che accennino alla sorte degli abitanti, o il taciuto è talmente ovvio da poter venire sottinteso, si tratti della Troia nel XII secolo prima di Cristo o della Berlino nel 1945. Non c’è posto per i massacri e gli stupri di massa, nei libri di Storia. Sono rari i cronisti come Raimondo di Agiles che, con disarmante entusiasmo, ha scritto come, nel corso della I Crociata, alla caduta di Gerusalemme si siano viste “…cose meravigliose: i musulmani furono decapitati o trafitti di frecce, o gettati giù dalle torri. Altri furono torturati per giorni e giorni, e poi bruciati. Le strade erano lastricate di teste, di mani e di piedi mozzi.” Il tutto per un totale di 70000 persone, compresi gli ebrei arsi in massa dentro le sinagoghe in nome di Cristo, in una logica che vedeva i musulmani, nelle medesime condizioni, fare anche peggio in nome di Allah. E’ un esempio, e non dei più truci; anzi: basti pensare ai genocidi del XX secolo, da quello degli armeni a quello degli ebrei, o ai bombardamenti sulle città del II Conflitto Mondiale, o a Hiroshima e Nagasaki. L’uomo sarà anche intelligente, ma, al contrario di qualsiasi altro animale, non sa imparare dall’esperienza. La Storia è questa. Privata di crudeltà e prepotenza poco ne resterebbe, ma per sua fortuna gli uomini provvedono a infoltirne le pagine con infaticabile puntualità. Affrontiamola ricordandoci di ciò. I bei soldatini di piombo che si vedono nei negozi di modellismo raffigurano soldati veri, che hanno marciato per secoli a ranghi serrati sotto la pioggia delle frecce o delle pallottole o delle bombe del nemico, disposti a falsi falcidiare perché consapevoli che, se avessero voltato le spalle, sarebbero stati massacrati; ma pronti a farla pagare cara, a questo nemico, una volta stabilito il contatto, per dopo riposarsi fra i morti e i feriti disponendo dei beni e dei destini degli altri, cioè di quegli uomini inermi senza uniformi, colpevoli solo di vivere con le loro cose e le loro donne e i loro figli e i loro animali sul palcoscenico di una guerra, e che mai sono stati raffigurati in piccole sculture di piombo variopinto: troppo banali, comuni, ineleganti; cioè troppo uomini, utilizzabili al limite per un presepe. Si dirà che adesso non può più essere così, si dirà che i soldati non vengono più scaraventati con noncuranza contro le bocche da fuoco nemiche come accadeva in passato, e che ci sono regole che proteggono le popolazioni civili, e che esiste l’ONU che dovrebbe dirimere i contrasti, e che la Convenzione di Ginevra codifica il rifiuto delle atrocità passate. Sciocchezze. La Storia attuale si sta scrivendo con lo stesso inchiostro e nello stesso alfabeto di quella passata, con atrocità e ottuse protervie, nell’attenuante che noi da qualche tempo ne siamo fuori, e che questa Storia è diventata la Storia degli altri. Ma non si sa mai, le nostre mani sono pulite solo perché manca l’occasione per sporcarle, e il fatto che anche troppo si riveli capace di coprirsele di certa sporcizia chi ci somiglia per cultura e affinità dovrebbe farci riflettere sul fatto che la Storia, ignorando l’uomo, ne sacrifichi l’umanità per fare posto al suo peggio: è legittimo pensare tutto il male possibile dei talebani, ma le immagini dei quattro marines che orinano sui cadaveri di alcuni di essi appena uccisi è sconvolgente, e ricorda Achille che fa scempio del cadavere di Ettore intorno alle mura di Troia, come se in mezzo non ci fossero più di tremila anni.